MOBBING E STRAINING: DIFFERENZE E TUTELA DEL LAVORATORE

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MOBBING E STRAINING: DIFFERENZE E TUTELA DEL LAVORATORE



Tra le figure elaborate dalla giurisprudenza nell'ambito della disciplina dei rapporti di lavoro rivestono particolare rilievo quella del “mobbing” e quella più recente dello “straining”.
Ecco, dunque, gli elementi costitutivi e discriminanti delle due fattispecie.
Il mobbing è costituito da una serie ripetuta e duratura di condotte vessatorie (lecite o illecite), individuali o collettive, poste in essere nei confronti di un dipendente da parte del datore di lavoro e/o da superiori gerarchici (c.d. mobbing verticale) e/o da colleghi (c.d. mobbing orizzontale).
In altre parole, ciò che caratterizza il mobbing è non tanto l'illegittimità dei singoli atti quanto l'intento persecutorio degli stessi.
Ne discende che lo scopo del mobbing, risolvendosi in forme di prevaricazione o persecuzione psicologica, è unicamente quello di mortificare ed emarginare il dipendente, andando a ledere l'equilibrio psico-fisico del lavoratore e la sua personalità (tipico esempio è il caso del demansionamento).
Sul punto, appare utile chiarire che, fermo restando il diritto del lavoratore di agire giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno conseguente all'accertamento della condotta di mobbing messa in atto nei suoi confronti, l'onere probatorio gravante sul dipendente di dimostrare l'illecito, in particolare l'elemento intenzionale persecutorio del datore di lavoro, è tutt'altro che semplice, venendo spesso a contrastare con l'oggettività dei fatti.
Preso atto della difficoltà di far rientrare nel fenomeno del mobbing qualsivoglia situazione “stressogena” sul posto di lavoro, la giurisprudenza ha pensato bene di elaborare l'ulteriore figura dello straining, letteralmente“sfruttare”, “distorcere”, “mettere a dura prova”, ovverosia una forma di mobbing attenuata nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie.
Cosicché la configurazione di tale ultima circostanza può essere sanzionata ai sensi di quanto disposto dall'art. 2087 c.c., a fronte del quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
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