QUANDO LA DIFFAMAZIONE HA
UN UNICO FILO CONDUTTORE SIA A MEZZO STAMPA CHE SOCIAL NETWORK
Quando si svolgono determinate professioni o viene affidato un determinato incarico è facile, purtroppo, crearsi antipatie. Anche, senza un vero motivo.
Ciò può succedere anche quando finiscono i rapporti e si litiga.
Pensando di avere ragione ci si imbatte nell’impulsività di voler screditare la persona avversa a noi.
Nulla più di sbagliato. Le offese, diffamazioni, sia che avvengono a mezzo stampa o social costituiscono un vero e proprio reato di diffamazione, andando incontro anche ad una responsabilità colposa disciplinata dall’art. 57 c.p. se si tratta di stampa periodica: “Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo”.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”. A tal proposito vi sono delle pronunce: 1)La Corte di Cassazione Sezione 3 Civile con l’ordinanza 17 gennaio 2022 n. 1152affronta tale problema relativamente alla diffamazione a mezzo stampa periodica “In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di una rettifica ai sensi dell'art. 8 della l. n. 47 del 1948 non determina, quale conseguenza automatica, la riduzione del danno, dovendosi procedere a una valutazione in concreto della relativa incidenza sullo specifico pregiudizio già verificatosi quale conseguenza delle dichiarazioni offensive”.
2) La Corte di Cassazione Sezione 5 Penale con Sentenza 2 maggio 2023 n. 18057 affronta il problema relativamente alla diffamazione mediante social network e nello specifico “FACEBOOK” cui afferma che non è rilevante conoscere una persona per offenderla e diffamarla affermando che il linguaggio utilizzato è quello comune tipico dialettale. “…Va, infatti, rilevato che benche' determinati epiteti, quali quelli utilizzati dall'imputato, siano entrati nel linguaggio comune o rappresentino modalita' verbali colloquiali, nondimeno la loro valenza offensiva non e' stata vanificata dall'uso, ma semplicemente attenuata in riferimento, tuttavia, a contesti specifici - quali quelli di tipo colloquiale, personale, tra soggetti legati da vincoli di amicizia e simili -, dovendo ritenersi come la valenza denigratoria insita nel lemma lessicale si riespanda totalmente allorquando l'uso risulti del tutto gratuito, come verificatosi nel caso in esame.”
Pertanto, da come si può ben notare l’uso di parole offensive e denigratorie, ravvisabili nell’intelletto dell’uomo medio, comportano il reato di diffamazione sia a mezzo stampa che social.
Il consiglio è se avete problemi con qualcuno o non vi sta in simpatia risolvete privatamente “NON OFFENDETE NESSUNO PUBBLICAMENTE, NE’ A MEZZO STAMPA PERIODICA NE’ SUI SOCIAL NETWORK, APPUNTO, FACEBOOK” perché le conseguenze potrebbero essere molto serie.
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