LA SOTTILE DIFFERENZA TRA IL MUTUO FONDIARIO E IL MUTUO DI SCOPO
Da diverso tempo,
ormai, ci si trova costretti a far emergere l’effettiva distinzione che
intercorre tra il mutuo fondiario e il mutuo di scopo.
Tale necessità è
divenuta sempre più ricorrente a causa dei numerosi tentativi perpetrati da
innumerevoli Istituti di credito in diversi Uffici giudiziari, costretti a
resistere alle svariate istanze di accertamento e dichiarazione rivolte in
merito alla nullità del contratto di mutuo fondiario proposte dall’utenza
bancaria.
Per molti anni,
infatti, era divenuta ormai una prassi consolidata quella di celare i reali
effetti di un contratto rispetto a quelli apparenti, soprattutto in ambito
bancario dove si è registrata una consistente presenza di contratti di mutuo
fondiario stipulati, sostanzialmente, con l’unico obiettivo di risanare delle
posizioni debitorie, ciò nonostante la previsione di uno scopo ben preciso.
Pratica, questa,
ricadente nella sanzionata fattispecie del contratto simulato ex art. 1414 c.c., compiutamente
evidenziata da diversi Avvocati a tutela della “parte debole” nei
corrispondenti procedimenti giudiziari instaurati su tutto il territorio
nazionale.
In molti casi, però,
nel corso dei giudizi, ed ancor prima in fase di costituzione, si è avuto modo
di assistere a distorsioni della realtà, oltre che dei principi normativi,
compiuti da parte delle banche, ritenute responsabili di tale illegittima
pratica.
Spesso, a
contrapposizione delle puntuali osservazioni esposte dalla parte mutuataria, la
difesa c.d. “dominate” si è caratterizzata per aver ritenuto corretta la
propria condotta sostenendo che il
mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli artt. 38 ss D. Lgs.
1 settembre 1993, n. 385, non è un mutuo di scopo, poiché di esso non è
elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità,
con ciò richiamando un principio sostenuto dalla pronuncia della Corte di
Cassazione, Sez. 1, del 26/03/2012 n. 4792.
In
realtà la questione, seppur apparentemente chiara, non è poi così scontata.
Infatti,
vi è una fondamentale distinzione, tanto sottile quanto evidente, che merita
adeguata trattazione.
Come
accennato, a fondamento della propria tesi difensiva, gli Istituti di credito tendono
a richiamare pronunce caratterizzate dal medesimo tenore sopra riportato disattendendo,
però, la fondamentale e diversa questione sottoposta all’attenzione del
giudicante.
Per
l’appunto, capita (sovente) riscontrare, dalle motivazioni poste dalle banche a
difesa del proprio operato, richiami a pronunce giurisprudenziali aventi ad
oggetto fattispecie incentrate su contratti di mutuo fondiario privi di
qualsivoglia specifica in merito alla destinazione della somma mutuata,
differentemente dalla fattispecie oggetto di causa dove, invece, la finalità
risulta chiaramente ed inequivocabilmente espressa nel rapporto contestato.
Ed
è proprio qui che si sostanzia la netta distinzione tra i due rapporti, contratto
di mutuo fondiario e contratto di mutuo di scopo, da evidenziare in sede
giudiziale al fine di ottenere la sperata declaratoria di nullità del contratto
di mutuo avversato.
Per
meglio comprendere i caratteri distintivi sopra accennati si precisa, per l’appunto,
che la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1, del 26/03/2012 n. 4792 (così
come quelle dello stesso genere richiamate in sede giudiziale dalle banche) ha
avuto ad oggetto una questione afferente la pretesa di un riconoscimento di un
mutuo come fondiario - anziché ipotecario ordinario - nonostante “l’esclusione della sua finalizzazione
all’acquisto, costituzione o ristrutturazione di immobili”, sebbene il
medesimo rapporto sia stato di fatto utilizzato per eseguire il pagamento di un
pregresso debito scaduto.
In
particolare, la questione sottesa verteva sulla legittimità di qualificare un
contratto di mutuo fondiario come tale, in assenza di una specifica
destinazione della somma erogata, nonostante la sua finalità sia
solitamente individuata per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di
immobili.
In
detta occasione, decidendo la questione sottoposta, la Suprema Corte ha
precisato che “il mutuo fondiario, quale
risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 38 e ss., non
è mutuo di scopo: di esso, cioè, non è elemento essenziale la destinazione
della somma mutuata a determinate finalità (Cass. 9511/2007, 317/2001).”, con
ciò statuendo che l’erogazione di una somma in assenza di una specifica
destinazione non avrebbe inficiato la validità del rapporto.
Il
problema, però, sorge allorquando il rapporto prevede chiaramente una
determinata destinazione del denaro e, con essa, la relativa attività
programmata.
Ed
è proprio tale particolarità a porre una netta distinzione tra il mutuo
fondiario e il mutuo di scopo.
In
quest’ultimo, infatti, l’individuazione della destinazione della somma rappresenta
un elemento essenziale ed inscindibile che può portare alla nullità del
rapporto qualora la stessa non venga rispettata, dando vita alla c.d.
simulazione (anche in presenza della consueta denominazione di mutuo
fondiario).
Riassumendo
il ragionamento che precede, si definisce mutuo
fondiario quel rapporto con cui viene concesso, da parte della banca, un
finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su
immobili, solitamente concesso per l’acquisto, la ristrutturazione o la
costruzione della prima casa.
Sovente
accade che detto mutuo venga sottoscritto, dunque erogato, senza alcuna
previsione di destinazione della somma con la possibilità di utilizzare
l’importo erogato per qualsivoglia finalità.
Diversamente,
si intende mutuo di scopo
quel rapporto siglato tra il cliente e la banca, finalizzato alla realizzazione
di una “ben precisa attività”, definita nel contratto stesso: attività che,
appunto, deve essere compiuta con il denaro dato in prestito dall’Istituto di
credito con la conseguenza che, se disatteso il progetto predeterminato - ma i
soldi vengono investiti in ulteriori e diversi scopi non programmati dalle
parti -, il contratto di mutuo è nullo.
Ne
consegue che il mutuo di scopo, diversamente dal contratto di mutuo fondiario,
è connotato dall’obbligo del mutuatario di realizzare l’attività programmata,
sicché la destinazione delle somme mutuate, fedelmente espressa nel contratto, è
parte inscindibile del regolamento di interessi voluto dalle parti.
Principio
che ha trovato ampia applicazione nella pronuncia emanata dalla Suprema Corte
di Cassazione (Cass. Civ. Ord. n. 24966/2017) in cui è stato chiaramente
stabilito che la presenza della clausola di destinazione all’interno del
contratto comporta che, qualora non sia poi realizzato il progetto, il
contratto è nullo, sia esso un mutuo di scopo legale o convenzionale in quanto,
ad ogni modo, “la destinazione delle
somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo
causale; sicché la nullità di un contratto per mancanza di causa sussiste se (e
solo se) quella destinazione non sia rispettata” .
La
stessa Corte, ha peraltro affermato che, “per
una corretta rappresentazione del profilo è opportuno sottolineare che il mutuo
di scopo è preordinato alla realizzazione di una finalità convenzionale
necessaria, tale da contrassegnare la funzione consistente nel procurare al
mutuatario i mezzi economici destinati a un’utilizzazione vincolata.
L’elemento
caratterizzante è che una somma di denaro viene concessa al mutuatario
esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, la quale in tal modo
entra a far parte del sinallagma contrattuale; per tale ragione il mutuo si
differenzia dallo schema tipico del contratto di mutuo: dal punto di vista
strutturale, visto che il sovvenuto si obbliga non solo a restituire la somma
mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo
previsto con l’attuazione in concreto dell’attività programmata; e dal punto di
vista funzionale, poiché nel sinallagma assume rilievo essenziale anche
quest’ultima prestazione, in termini corrispettivi dell’ottenimento della somma
erogata.”
Proseguiva
aggiungendo che “essendo la disponibilità
finanziaria concessa in vista della sua utilizzazione esclusiva per lo scopo
convenuto, è esclusa ogni diversa volontaria destinazione delle somme, ivi
compressa, in particolare, quella della estinzione di pregresse passività del
mutuatario (v. Cass. n. 317-01; Cass. n. 2796-72); sicché il mutuo di scopo è
nullo, e la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse,
quando sia stato stipulato con l’accordo, tra l’istituto di credito e il
mutuatario, della utilizzazione della provvista per una diversa finalità, ivi compresa
quella di estinguere debiti in precedenza contratti dal sovvenuto verso lo
stesso istituto mutuante.”
Una simile, quanto netta,
distinzione era già emersa anche dalla sentenza della Corte di
Cassazione, Sez. I, n. 28663/2013, scaturita da una questione vertente su un
contratto di mutuo fondiario in cui alcuna specifica era dato rilevare in
ordine alla destinazione della somma mutuata.
La sentenza
richiamata, nello specifico, ha respinto le contestazioni mosse dal ricorrente
conformandosi sostanzialmente a quanto osservato dal Tribunale di Latina il quale,
sulla base degli elementi accertati nel corso del giudizio a quo, ha confermato che non si era in presenza di un mutuo di
scopo vista la mancanza - nel mutuo fondiario - di qualsiasi vincolo di
destinazione della somma.
Dunque,
anche nella sentenza in commento si è pertanto confermato che l’assenza del
“vincolo di destinazione” non è di per sé sufficiente a qualificare un mutuo
fondiario come mutuo di scopo.
Ma
il caso che ci riguarda, come si è avuto modo di comprendere, è assolutamente
diverso vertendo l’attenzione sulla possibilità di ritenere la nullità del contratto
di mutuo fondiario simulato, per essere lo stesso stato utilizzato al solo
scopo di perseguire una finalità diversa rispetto all’attività programmata e
chiaramente descritta nel contratto.
La
sentenza in commento (Corte Cass. n. 28663/2013), per l’appunto, valutata con
espresso riferimento al mutuo di scopo, ha quindi confermato che quest’ultimo è
“connotato dall’obbligo del mutuatario di
realizzare l’attività programmata, sicché la destinazione delle somme mutuate è
parte inscindibile del regolamento di interessi voluto dalle parti (Cass., sez.
III, 24 gennaio 2012, n. 943) e la presenza della clausola di destinazione
comporta allora che, qualora non sia poi realizzato il progetto, il contratto è
nullo (nullità ora ricondotta alla mancanza di causa negoziale ai sensi
dell'art. 1418 c.c., ora all’illiceità della causa stessa per essere stato il
contratto voluto e attuato in frode alla legge ex art. 1344 c.c.: profilo che
non rileva, però, qui approfondire)”.
A ciò deve aggiungersi che anche nel mutuo di scopo,
sia esso legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra
nella struttura del negozio connotandone il profilo causale, sicché la nullità
di un tale contratto per mancanza di causa sussiste solo se quella destinazione
non sia rispettata, mentre è irrilevante che sia attuata prima o dopo l’erogazione
del finanziamento, tanto più in mancanza, specificamente per il mutuo di scopo
convenzionale cui sia collegato il cd. contratto di ausilio, di alcuna norma
imperativa, dal contrasto con la quale possa derivarne una nullità sotto quest’ultimo
profilo. (Cassazione civile, Sez. II, del 29/09/2020, n. 20552.)
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