MALATTIE PROFESSIONALI: PROVA NESSO DI CAUSALITA'
In tema di malattie professionali, ai fini della prova del nesso di causalità, rileva la distinzione tra le malattie comprese nelle tabelle e quelle ivi non comprese.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 39751/2021, ribadendo il principio ormai consolidato secondo cui “l'inclusione nella tabella sia della lavorazione svolta che della malattia contratta (purché insorta entro il periodo massimo d'indennizzabilità eventualmente previsto) comporta l'applicazione della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato”.
Pertanto, al lavoratore è sufficiente dimostrare, “per essere esonerato dalla prova dell'esistenza del nesso di causalità tra l'uno e l'altra”, lo svolgimento professionale della lavorazione indicata in tabella e di essere affetto dalla malattia ivi prevista.
Continuano ancora i giudici a chiare che “poichè nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione il principio di equivalenza causale di cui all'art. 41 c.p., è sufficiente per far sorgere la tutela in favore del lavoratore che l'esposizione a rischio sia stata concausa concorrente della malattia, non richiedendosi che essa abbia assunto efficacia causale esclusiva o prevalente”.
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