Separazione e divorzio. L'assegno di mantenimento alla giovane moglie abile al lavoro

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SEPARAZIONE E DIVORZIO

L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO ALLA GIOVANE MOGLIE ABILE AL LAVORO
La donna giovane, in grado di lavorare e, quindi, di reperire con la propria attività quel reddito necessario a mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio, non ha diritto ad alcun mantenimento. E ciò anche se, durante l’unione, svolgeva mansioni di casalinga.

In molti casi la Cassazione ha negato l’assegno di mantenimento ad una moglie poiché aveva la capacità di lavorare, seppur con un’attività saltuaria.
Infatti, nel caso in cui il coniuge teoricamente più “debole” sarebbe in grado di disporre di adeguate risorse se solo si preoccupasse di cercare e mantenere un lavoro, stabile o saltuario, l’assegno potrebbe essere considerevolmente ridotto o addirittura revocato.

Insomma, ciascuno dei due ex coniugi deve badare a sé stesso e non c’è modo di obbligare l’uomo a mantenere la donna se quest’ultima ha le risorse fisiche e mentali per guadagnare.
A tal fine, anche un’attività saltuaria e la concreta possibilità di percepire un guadagno proprio mediante il pieno e reale sfruttamento della propria capacità lavorativa, potrebbero rilevare come motivo per chiedere la revisione delle condizioni di mantenimento e azzerare l’assegno.

Viene in rilevo un’importante decisione della Corte di Cassazione che statuisce quanto segue: “In tema di separazione personale di coniugi, l'attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica: con l'avvertenza, però, che l'attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita” (Cass. Civ., Sez. I, 13 Gennaio 2017, n. 789).
In pratica, la Corte sostiene che, se non ci sono impedimenti a che la donna lavori, alla moglie può essere negato l’assegno di mantenimento.

La circostanza che il coniuge meno abbiente sia privo di occupazione, non deve costituire elemento astratto ed aprioristico per affermare il diritto all’assegno di mantenimento, dovendo ponderarsi ogni situazione, comprese le capacità proprie del beneficiario e l’attitudine al lavoro ed alla capacità di guadagno.
Tale capacità o attitudine al lavoro, tuttavia, dovrà considerarsi alla luce di fattori concreti soggettivi ed oggettivi e non in termini meramente astratti o ipotetici, ad esempio, verificando se il soggetto abbia mai lavorato, se si sia attivato nella ricerca di un lavoro, ovvero se abbia rifiutato occasioni lavorative.

Pertanto, il giudice opterà per una riduzione o per la revoca dell’assegno se nella quantificazione della somma rilevi una totale mancanza di volontà dell’ex coniuge di trovare un impiego lavorativo, remunerato in modo da poter provvedere al proprio mantenimento.
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